Il tema dell’abitare coinvolge una pluralità di aspetti dell’esperienza, riconducibili a due principali declinazioni: come rapporto conl’ambiente fisico e relazionale in cui ogni essere vivente (umano e non umano) cerca una collocazione per la propria esistenza nel mondo, daun lato, e come relazione con il luogo che chiamiamo “casa”, in cui troviamo riparo, lasciamo i segni della nostra presenza, diamo sostanza – tramite le pratiche di cura – alla nostra esperienza affettivo-relazionale, dall’altro.
In entrambe le declinazioni, oggi, l’abitare è problematico e, non a caso, è al centro di un ampio segmento di dibattito nelle scienze sociali.
Per un verso, occorre fronteggiare i problemi di quei paesaggi di vita che connotano l’abitare nei territori diventati sempre più instabili e resi vulnerabili da scelte produttive ecologicamente e economicamente nocive. Un’instabilità e vulnerabilità legate a molteplici fattori, quali: la crisi ecologico-sociale creata dall’accelerazione temporale che ha avuto profonde ricadute ecologiche e sociali nella vita quotidiana (McNeill-Engelke, 2014), l’aumento dei flussi di popolazione e dal consumo eccessivo di beni – indizi della disgregazione delle relazioni civili nei contesti urbani -, l’autodistruzione ecologica del pianeta danneggiato dalle società economicamente e socialmente più avanzate, l’aumento delledisuguaglianze urbane sociali e territoriali, i conflitti e le ingiustizie. La crescita di interesse analitico e di impegno politico ha portato gli studiosia ri-pensare il modo in cui natura e società sono state dissociate sia dalle scienze sociali e umane sia dalle scienze ambientali eterritoriali. Si tratta di un’inversione di marcia che, dal punto di vista ontologico e politico, sta portando sempre più a concepire in manierapropositiva e sovversiva il ri- abitare il mondo e il pianeta, come una dimensione che rivela le intrinseche relazioni more-than-human (Lorimer2005) tra i soggetti (umani e non umani) e il paesaggio, tra il costruito e gli usi. Questa dimensione di vita è strettamente interdipendente datutto ciò che circonda il vivere (umano e non umano) l’ambiente-mondo contemporaneo, a cui in quanto tale non ci si può dedicare che osservando in maniera interdisciplinare per produrre un nuovo ri-abitare pubblico e nuove forme di habitat multispecie. Mettersi in“corrispondenza” con i luoghi dell’abitare vuol dire, dal punto di vista fenomenologico, andare verso ciò che i soggetti (umani e non umani) fanno nel corso della loro esistenza nell’ambiente abitato, rendendo visibile ciò che accade dinanzi a noi nel cercare di costruire, o ri-costruire, le relazioni con gli altri e con le “cose”, interrogandoli e replicandovi. È così che possiamo estendere la socialità oltre l’umano imparando non solocosa vuol dire cercare di rendere abitabile e vivibile oggi l’ambiente-mondo, messo sempre più in crisi da certe scelte etiche e politiche,ma anche come mobilitarsi in sua difesa.
Per altro verso, per quanto l’abitare sia uno dei bisogni primari dell’uomo e l’essere privi di una casa dignitosa rappresenti la manifestazione più seria di povertà ed esclusione sociale, ancora oggi la casa rappresenta un problema anche se differenziati sono, nei diversi paesi, ipatrimoni in termini di consistenza, politiche abitative attuate, manutenzione, titolarità e gestione.
In Europa, nell’ultimo decennio, abbiamo assistito all’aggravarsi generalizzato del problema abitativo a causa sia della crisi economica, sia per le profonde trasformazioni demografiche in atto che vedono l’invecchiamento diffuso della popolazione compensato unicamente dai flussi migratori e dall’aumento complessivo del numero di famiglie richiedenti “casa”, dovuto alla moltiplicazione dei nuclei monogenitoriali e monoparentali (Delera 2017).
Il dibattito contemporaneo sulla casa e i processi abitativi parte spesso dalla constatazione dello stato di crisi dell’accessibilità della casa (Wetzstein 2017). Una crisi che è contemporaneamente globale e situata e coinvolge una molteplicità di attori – politici, amministrativi, economici, sociali – e di piani. La crisi può essere considerata da punti di vista differenti: le politiche, gli studi di stratificazione sociale e di riproduzione delle disuguaglianze, i movimenti sociali per l’abitare, le dialettiche intersezionali tra il ruolo di differenti forme di classificazione sociale nel determinare un maggior rischio di esclusione abitativa, gli intrecci tra varie forme di esclusione abitativa – dall’essere sotto minaccia di sfratto all’essere senza dimora, passando per informalità e processi di precarizzazione, l’analisi della relazione fra traiettorie urbane e abitative nei quartieri in via di gentrificazione, turistificazione, studentificazione. E, ancora, approcci di political economy che cercano di qualificare il ruolo della trasmissione intergenerazionale della proprietà abitativa nel dare forma a una classe sociale di rentiers e approcci micro situati nell’analisi di specifici progetti di housing sociale, più o meno innovativi.
In questa Call per il numero di Cambio 33, vorremmo provare a sviluppare una traiettoria di analisi dell’abitare, a partire da prospettive epistemologiche centrate nella vita quotidiana. Ci sembra infatti particolarmente interessante mostrare come questi processi, di scala spesso globale e difficili da cogliere, siano intrecciati ai vissuti, alle pratiche e alle relazioni quotidiane delle persone. L’interesse va a contributi che permettano di mostrare l’inevitabile tensione tra fenomeni strutturali, di ampia portata, e traiettorie soggettive, incarnate e radicate affettivamente nel mondo, per mostrare l’interazione tra diversi ordini del sociale (à la Goffman). La Call è aperta a contributi di vario impianto metodologico, che utilizzino sia tecniche più tradizionali, sia approcci creativi e partecipativi.
Alcuni stimoli, che non esauriscono la possibile rosa delle proposte attese, sono:
- Costruzione di un nuovo ri-abitare pubblico, tra fenomeni di espulsione e pratiche di resistenza
In connessione con la crescente instabilità dei territori, sorgono due ordini di interrogativi, che mettono in luce il ruolo delle pratiche e delle relazioni della vita quotidiana nella costruzione e ri-costruzione del proprio habitat. Il primo interrogativo è: come si abita nei territori oggetto di politiche di distruzione e occupazione, in termini di relazioni con gli “altri”, umani e non umani? Il secondo è: come vengono plasmate nuove relazioni socio- ecologiche nei contesti ambientali e sociali “rovinati”, in quanto esposti a processi abitativi e produttivi che li hanno impoveriti e dove si moltiplicano i processi ferali e le dinamiche di lungo periodo della “violenza lenta” (Nixon 2011)? In tale quadro, uno specifico interesse riguarda le azioni di resistenza (Polanska, Fuentes e Kaun 2020) legate alla dimensione abitativa, particolarmente in ambiente urbano, e agli effetti diesclusione prodotti da gentrificazione, turistificazione o mercificazione della casa. Movimenti sociali, collettivi studenteschi, reti di quartiere e altre forme di mobilitazione mettono in discussione le narrazioni dominanti della città, opponendo pratiche di riappropriazione, difesa del diritto all’abitare e costruzione di contro-immaginari urbani basati su giustizia sociale, accessibilità e inclusione.
- Traiettorie abitative e cambiamento nel corso del tempo della relazione con la casa
Alla luce delle riflessioni recenti sulla generation rent (McKee et al. 2017; 2020) e sulla generation share (Maalsen 2020), è diventata sempre più utilizzata la prospettiva delle traiettorie abitative (Clapham 2015) come modo per indagare le transizioni e icambiamenti nella condizione individuale nel corso del tempo di vita, con un’attenzione alle dimensioni strutturali (classe, genere, race…) e istituzionali (regimi delle tenure, affordability, interazione fra mercato abitativo, mobilità e mercato del lavoro) nel configurare vincoli e opportunità abitative. In particolare, per tornare ad analizzare le traiettorie abitative senza necessariamente immaginareche siano una progressione omogenea di miglioramenti incrementali e abbracciare la frammentarietà e complessità dei percorsi soggettivi, è particolarmente interessante decentrare lo sguardo rispetto alle famiglie di ceto medio mononucleari, per tenere presenti forme diverse di relazione con la casa offrendo sguardi obliqui sul fenomeno. L’abitare dei giovani, delle persone migranti, delle persone disabilizzate, di nuclei familiari atipici, forme di coabitazione e di condivisione degli spazi della domesticità, dinamichedell’informale, cambiamenti nel corso del tempo, sono solo alcuni punti di partenza possibili.
- Dimensione affettiva: come la dimensione affettiva relazionale dà senso alla casa
I processi abitativi riguardano la casa come edificio, ma anche come ente situato in uno spazio territoriale (una città, un sobborgo, un quartiere, un condominio…) e come perno cruciale della sfera relazionale. È particolarmente interessante e fruttuoso riflettere su come i processi abitativi siano intrisi di processi emotivi, che possono essere legati di volta in volta all’attaccamento, al radicamento,alla cura, alla solidarietà, alla condivisione con l’obiettivo di promuovere forme di abitare collaborativo, i cui effetti virtuosi si ripercuotono quotidianamente sulla vita delle persone (Mugnano 2018, Deriu e Bucco 2013). In questi casi, gli interventi assumono caratteristiche orientate al welfare, con l’attivazione di servizi e relazioni di vicinato (Lumino 2015). La creazione di presidi di vita condominiale può determinare impatti rilevanti nel quartiere di riferimento, sviluppando luoghi di condivisione che superano i confini condominiali. In altre situazioni, le pratiche abitative sono caratterizzate da violenza, oppressione – soprattutto rispetto al posizionamento di genere – sradicamento e perdita. Come vengono attribuite colorazioni affettive ai differenti spazi domestici, alle lorofunzioni, alle relazioni che vi si intrecciano? In che modo le atmosfere affettive di quartiere o di paese possono influenzare la relazione con l’alloggio?
- Migrazioni, abitare e pratiche quotidiane
L’intreccio tra dimensione quotidiana e abitare appare a nostro avviso particolarmente interessante dal punto di vista delle personemigranti e/o razzializzate. Nonostante alcune recenti ricerche sul tema (Fravega 2021; Storato et al. 2021; Bergamaschi 2022;Boccagni e Bonfanti 2023), sembra che ci sia ancora molto da esplorare rispetto ai modi in cui le persone migranti costruiscono senso intorno e a partire dall’abitare, al modo in cui intessono le proprie reti e relazioni con i contesti nei quali vivono alla luce di unapossibile “doppia assenza” (Sayad 2009).
- Altri soggetti dell’abitare
Se grande importanza viene data alle persone che abitano, relativamente più ridotta è la letteratura che guarda alla quotidianità ditutti gli altri soggetti coinvolti nella casa: proprietari e agenti immobiliari, innanzitutto. Ma anche soggetti che lavorano nelle amministrazioni pubbliche e nel terzo settore e sono direttamente coinvolti nei processi abitativi degli altri. Una prospettivarelazionale (Desmond 2018) che guardi alla casa come punto di intreccio tra diverse posizioni sociali e le interroghi alla luce delle interazioni vissute faccia a faccia tra queste figure, è potenzialmente molto importante per mettere in luce aspetti inediti deltema. Ancora, uno sguardo socio-ecologico può dire molto sulle interconnessioni fra progetti estrattivi che interessano i territorie dinamiche abitative locali.
Gli abstract (max 1000 parole) con le proposte dovranno essere inviati entro il 20 dicembre 2025 a: cambio@dsps.unifi.it.
Selezione degli abstract:
Tutti gli abstract ricevuti saranno sottoposti a una prima valutazione. L’esito della selezione sarà comunicato entro il 15 gennaio 2026.
Invio dei paper completi
Gli autori degli abstract accettati dovranno inviare i testi completi dei contributi entro il 30 maggio 2026, tramite il sito di CAMBIO: https://oaj.fupress.net/index.php/cambio.
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